Differenze ibrido ( mild, hybrid, plug-in hybrid )

Non tutti i veicoli ibridi sono uguali. Eppure, a guardare gli spot pubblicitari, la parola “hybrid” appare sempre più spesso e i consumatori l’hanno associata a concetti semplici: risparmio sui consumi e meno emissioni. La verità è che esistono vari tipi di auto ibride e le differenze sono consistenti fra un tipo e l’altro.

Mild Hybrid: il motore elettrico è solo un supporto

Le auto mild hybrid (note anche con la sigla inglese MHEV, ossia Mild Hybrid Electric Vehicle) integrano la forma di ibridazione più semplice e sono molto popolari. Eppure, è anche quella in cui il motore elettrico ha il ruolo minore: è solo di supporto e non può trainare da solo il veicolo. Anche per questo viene definito ibrido leggero.

Nei veicoli mild hybrid, il motore elettrico è molto piccolo e non ha sufficiente spinta: per la gran parte del viaggio, quindi, il guidatore userà il motore termico. Il motore termico viene spento in fase di decelerazione e rallentamento e quando il veicolo è fermo, ma acceso; il motore elettrico può contribuire anche nelle marce a bassa velocità. Questo binomio permette di abbassare i consumi (in una forchetta fra il 10 e il 15%) rispetto a un veicolo completamente termico; l’intervento del motore elettrico, inoltre, velocizza il sistema di start e stop.

L’energia usata dal motore elettrico viene raccolta soprattutto tramite la frenata rigenerativa: anziché disperdere tutta l’energia della frenata nell’aria, una parte viene accumulata nella batteria.

I vantaggi delle mild hybrid? Vengono ridotti i consumi e le emissioni. In entrambi i casi, però, il vantaggio è modesto se confrontato a quello di un’ibrida completa.

Esempi di auto mild hybrid sono la Volvo XC 90 e la Fiat Panda.

Full Hybrid: la vera auto ibrida

Le auto full hybrid sono quelle dove il motore elettrico può trainare il veicolo autonomamente ed è affiancato da una batteria di capacità maggiori rispetto a una mild hybrid.

Le auto ibride di questo tipo sono particolarmente adatte nella guida urbana, dove le ripartenze e le frenate (che, come spiegato, ricaricano la batteria elettrica) sono la norma. Di fatto, in uno scenario urbano il guidatore userà in larga parte il motore elettrico con un impatto tangibile sui consumi e le emissioni.

 

C’è uno svantaggio: avere un sistema ibrido di questo tipo appesantisce il veicolo. Ciò significa che su lunghi tratti, come in autostrada, il motore elettrico delle full hybrid fatica perché non riesce a imprimere la spinta necessaria per trainare da solo l’auto a elevate velocità e deve intervenire il motore termico. In ogni caso, il supporto del motore elettrico permette di ottenere prestazioni superiori a parità di consumi, per esempio nelle strade in salita.

Il vantaggio di una full hybrid è evidente: in città il ruolo centrale del motore elettrico assicura grandi vantaggi sia nei consumi sia nelle emissioni di CO2. Esempi di auto full hybrid sono la Kia Niro Hybrid e la Renault Clio E-Tech Hybrid (qui il nostro test).

Plug-In Hybrid: l’ultimo passo prima dell’elettrico completo

Infine, le plug-in hybrid (dette anche PHEV, cioè Plug-In Hybrid Electric Vehicle). Si tratta della forma migliore di ibridazione perché la batteria ha una capacità maggiore rispetto alle full hybrid. Inoltre –  ed ecco la ragione del nome – la batteria può essere ricaricata tramite una colonnina o un wallbox. Anzi, solo in questo modo la batteria può essere ricaricata al 100%.

I veicoli plug-in hybrid rappresentano l’apice delle auto ibride: offrono significativi vantaggi nei consumi e nelle emissioni e inoltre il motore elettrico può dare un grande contributo anche sulle lunghe distanze, eliminando il principale limite di una full hybrid.

Esaurita la carica del motore elettrico, che garantisce in media un’autonomia di 50-60 km, interviene il motore termico. Esempi di auto plug-in hybrid sono la BMW Serie 5 e la Volvo V60.

Il passo successivo delle plug-in hybrid sono le auto elettriche, dove non c’è il motore termico.